La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Corte EDU) in una sentenza emessa oggi (02.04.2013) nei confronti dell’Italia, ha sancito che “IL NUMERO CHIUSO CHE IN ITALIA REGOLA L’ACCESSO AD ALCUNE FACOLTA’ NON VIOLA IL DIRITTO ALLO STUDIO”, e quindi la modalità di accesso a tali facoltà universitarie, onde regolare il numero dei laureati per ogni comparto, redatte dal legislatore italiano, sono ragionevoli.
La sentenza fa seguito ad un ricorso di 8 studenti presentato a Strasburgo: tra loro uno aveva fallito per 3 volte i test di accesso (facoltà di Medicina di Palermo), 6 quello di Odontoiatria e l’ottavo era stato escluso dalla facoltà alla quale aveva avuto accesso, dopo 8 anni di inattività (esami non sostenuti).
Prescindendo dalle storie individuali dei ricorrenti, finalmente un organo sovranazionale ha messo fine ad una disputa annosa, e se così non fosse stato, si sarebbe profilata una enorme sperequazione tra chi ha regolarmente superato i test e chi no.
Sarebbe ora di interrogare la Corte Europea, su quali crismi, derivanti logicamente da tale sentenza, si possano ammettere in Italia tutti coloro i quali bypassano l’ostacolo dei test, rifugiandosi all’estero e rientrando poi in Italia, profilando anche in questo caso una enorme disparità tra chi si è sottoposto alle forche caudine dei test e chi, invece, argutamente ha aggirato l’ostacolo inficiando, di fatto, la regolamentazione dell’accesso al lavoro ed il possibile rispetto dei dettami dell’OMS riguardo al rapporto sanitario/pazienti.
Nell’attesa, esprimiamo un plauso a Strasburgo.
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